Negli ultimi due anni la spesa sociale del Comune di Osnago è cresciuta di oltre 310 mila euro, come illustrato nell’ultima seduta della Consulta Servizi Sociali lo scorso 21 ottobre.
Un aumento consistente per un paese di meno di 5.000 abitanti, ma anche un segnale chiaro: crescono i bisogni sociali e il Comune deve rispondere a situazioni sempre più complesse.
Dietro le cifre non ci sono sprechi, ma persone e famiglie in difficoltà: anziani non autosufficienti da supportare, minori da proteggere, disabilità da accompagnare verso l’acquisizione di autonomie, nuclei familiari da sostenere nelle spese quotidiane.
Il welfare a pochi passi da casa
I servizi sociali comunali sono la rete di sicurezza più vicina ai cittadini.
A Osnago — come in tanti piccoli comuni — il Comune è il primo presidio del welfare: gestisce assistenza domiciliare, educativa scolastica, trasporto sociale, integrazione rette per RSA, centri diurni per disabili, costi dei minori in comunità, contributi per affitti e utenze.
È l’istituzione che si occupa delle persone prima ancora che intervengano Stato o Regione.
Ma cosa succede quando il diritto alla protezione sociale, garantito dalla Costituzione, si scontra con bilanci sempre più fragili?
Succede che anche un piccolo numero di casi può far saltare gli equilibri contabili di un intero ente.
Il caso Osnago: numeri che pesano
Nel biennio 2024-2025 Osnago ha visto aumentare in modo repentino la domanda di aiuto:
- Minori in comunità protette: da zero casi nel 2023 a 5 nel 2024-25, con una spesa di 188.000 euro;
- Anziani in RSA: da 3 a 8 persone, con una crescita di oltre 52.000 euro;
- Disabili in CDD/SFA: da 6 a 8 utenti, +21.000 euro;
- Altri servizi sociali (trasporto, assistenza domiciliare, amministratori di sostegno): costi in aumento e utenti in crescita.
Per un bilancio come quello di Osnago, è un impatto enorme
Una tendenza nazionale che accentua le disuguaglianze
Il caso di Osnago non è isolato.
A livello nazionale, la spesa sociale dei Comuni italiani è passata da 7,8 miliardi nel 2019 a 9,6 miliardi nel 2023 (oltre 11 miliardi considerando gli impegni di spesa).
La trappola dei piccoli Comuni
Quando un Comune di 5.000 abitanti deve sostenere improvvisamente 4 minori in comunità o 2 nuovi ingressi in RSA, la spesa obbligatoria aumenta di decine di migliaia di euro, senza che vi siano margini di compensazione.
Le entrate correnti non crescono alla stessa velocità e i fondi statali o regionali non sempre arrivano in tempo utile o sono vincolati.
Osnago, come molti altri piccoli enti, ha reagito con rigore e creatività: incontri periodici tra uffici e assistente sociale, coinvolgimento dei familiari per gestire patrimoni o richiedere sussidi, revisione dei progetti educativi, collaborazione con il volontariato locale.
Tutte misure che però non possono compensare un problema strutturale: la sproporzione tra costi crescenti e risorse stagnanti.
Una questione di diritti, non solo di numeri
La vicenda di Osnago dimostra che dietro le tabelle di bilancio c’è una questione più grande: come garantire gli stessi diritti sociali a tutti i cittadini, ovunque vivano.
Per questo l’ANCI (l’associazione che riunisce i Comuni italiani) chiede da tempo un rafforzamento dei fondi nazionali e un meccanismo che compensi le disuguaglianze strutturali tra territori.
Osnago, una comunità che non si tira indietro
Di fronte a tutto questo, Osnago continua a fare la sua parte.
Nonostante i vincoli di bilancio, il Comune ha scelto di non ridurre i servizi, ma di rafforzare la presa in carico delle persone più fragili, cercando soluzioni condivise e sostenibili.
È la dimostrazione che il welfare locale — anche nei piccoli centri — resta un presidio insostituibile di umanità e di giustizia sociale. Che però deve fare i conti con il bilancio.





